Il rischio e il «fattore umano»
Health
L’emergenza sanitaria finirà (speriamo) ma con il ritorno alla normalità e alla sensazione di essere «fuori dal tunnel» non va persa la consapevolezza di come i propri comportamenti ricadano sulla salute personale e collettiva
Lo scenario delle riaperture è popolato da considerazioni sanitarie, economiche e inevitabilmente sociali. Nel cosiddetto «rischio ragionato» che ha portato al semaforo verde per l’allentamento delle misure anti Covid19 è stata più volte esplicitata la considerazione del bisogno psicologico degli italiani. Per molti mesi la sola strategia di contenimento dei contagi è stata quella comportamentale e a tutti i cittadini sono stati richiesti cambiamenti importanti nel modo di vivere e di agire. Il coinvolgimento attivo delle persone nella lotta alla pandemia è stato appellato come fondamentale. Dopo diversi mesi, però, i segnali di stanchezza e frustrazione sono diventati tangibili e le persone, anziché rafforzarsi in questo ruolo attivo, hanno aumentato il senso di fatalismo e delega al sistema. Assistiamo dunque a una sorta di paradosso: da una parte la ripresa delle attività in presenza è «ragionata» sulla base di indubbie necessità di ripartenza economica ma anche per l’urgenza di dare «ossigeno» alla socialità soffocata di questi mesi. Dall’altra parte però, più o meno razionalmente, la narrativa delle riaperture nella psicologia delle persone è spesso associata alla suggestione «di essere fuori dal tunnel» e alla riconfigurazione percettiva del rischio di Covid-19 che porta ad abbassare il livello di vigilanza sui propri comportamenti. Ce lo possiamo permettere? Se, come è giusto che sia, a questo punto la risposta è intrecciata alla priorità di rilanciare la tenuta del tessuto sociale ed economico della nazione, allora la domanda andrebbe forse così riformulata: «a quali condizioni ce lo possiamo permettere»? E qui la risposta si complica sul piano organizzativo e gestionale, perché fare i conti con il «fattore umano» necessita (anche) di supporti e orientamenti per aiutare le persone a rivedere (per l’ennesima volta) in modo efficace le proprie abitudini di vita e soprattutto le proprie percezioni legate al rischio di Covid-19. Perché il «fattore umano» necessita di essere ascoltato e compreso al fine di un pieno coinvolgimento nell’attuazione di un nuovo galateo comportamentale per la convivenza con i rischi di salute. L’emergenza sanitaria da Covid-19 passerà (speriamo) ma quello che non deve passare è la consapevolezza dei cittadini di come il proprio comportamento abbia importanti ricadute per la salute personale e collettiva. Saper fare fronte adeguatamente ai rischi adottando comportamenti preventivi non è solo un apprendimento cruciale per sopravvivere al 2021, bensì la base per una rinnovata cultura della salute.
Articolo pubblicato su Corriere della Sera: https://www.corriere.it/salute/malattie_infettive/21_maggio_20/rischio-fattore-umano-60c92d26-b3cd-11eb-92ee-af36a1f66d3c.shtml