Covid-19 pesa psicologicamente sulle prossime festività
a cura di Stefano BoccoliSi avvicinano le ricorrenze pasquali ma la terza ondata pandemica sembra offuscare emotivamente il clima di festa. Rispetto a Natale, scende dal 62% al 52% la quota di italiani che ritengono ci sia “bisogno di ritrovare serenità in famiglia nonostante la pandemia” e crollano dal 53% al 38% coloro che giudicano importante preservare le tradizioni familiari anche in questi tempi di emergenza sanitaria.
Quello che traspare dall’ultima rilevazione effettuata dall’EngageMinds HUB, il Centro di ricerca dell’Università Cattolica in psicologia dei consumi e della salute è un senso di rassegnazione alle misure imposte dal contrasto a Covid-19. Secondo la professoressa Guendalina Graffigna direttore del Centro: «Questi dati raccontano tutta la fatica emotiva che, dopo oltre un anno di pandemia, sta sempre più affliggendo le persone. C’è un senso di rinuncia; il timore è che in molti siano sul punto di gettare la spugna».
Pasqua peggiorerà la pandemia?
Ma le festività pasquali possono portare a un peggioramento dei contagi? Dalla ricerca – compiuta su un campione perfettamente rappresentativo della popolazione italiana e che fa parte di un monitor continuativo che da febbraio 2020 ha coinvolto complessivamente oltre cinquemila persone – la risposta è positiva per il 67% del campione, un dato peraltro in linea con quanto rilevato a Natale.
Se da un lato non si vedono grosse differenze rispetto al genere, dal punto di vista anagrafico i giovani (fascia tra i 18 e i 34 anni) appaiono decisamente meno preoccupati dei più maturi, tanto che solo il 62% pensa che la Pasqua possa aumentare il rischio di contagio.
E sempre tra i giovani è meno folta la quota di coloro che credono sia opportuno chiudere le attività economiche nei giorni di festa per limitare i contagi (56% contro il 62% della media nazionale); mentre, per contro, questa percentuale sale al 70% tra gli over60. Specularmente, il tema che ruota attorno ai consumi nel periodo delle festività quale stimolo all’economia è più sentito dai giovani rispetto agli anziani (55% verso 48%). La ricerca dell’EngageMinds HUB mostra anche come, in generale, al Nord del Paese vi sia meno accordo sulle chiusure pasquali rispetto al Centro e Sud Italia; se poi non vi sono grandi differenze rispetto al livello di istruzione, tendenzialmente le persone con un basso titolo di studio sono meno favorevoli alle serrate.
L’impatto psicologico
«Abbiamo incrociato i dati sulle festività pasquali con la nostra scala di engagement, cioè di coinvolgimento attivo delle persone nelle proprie scelte di salute – ci spiega la professoressa Graffigna – e ciò che abbiamo visto è che chi ha basso engagement sarebbe più portato a lasciare aperti i negozi nel corso delle feste per rilanciare l’economia (48% contro il 55% del totale campione), mentre, al contrario, chi è più “aderente” o “in equilibrio” rispetto alla gestione della propria salute vede le chiusure come una misura adeguata alla situazione».
Rimanendo in ambito psicologico, dall’analisi del Centro di ricerca dell’Università Cattolica emerge anche che per chi è in stato di ansia o di depressione sembra meno importante la decisione di tenere chiuse le attività commerciali nel periodo pasquale; mentre questa quota è intuitivamente elevata tra coloro che sono particolarmente allarmati dal contagio.
Infine – guardando sempre all’imminente periodo pasquale – sia in merito al rischio di contagio nelle festività che all’opportunità di una serrata dei negozi, e persino sul bisogno di ritrovare serenità al di là del rischio di contagio, coloro che hanno scarsa fiducia nelle istituzioni e nel sistema sanitario, dichiarano percentuali sensibilmente più basse della media nazionale.

La ricerca
La ricerca è parte di un Monitor continuativo sui consumi alimentari e sull’engagement nella salute condotta dai ricercatori del centro di ricerca EngageMinds HUB (Lorenzo Palamenghi, Greta Castellini, Serena Barello, Mariarosaria Savarese, Guendalina Graffigna), che rientra nelle attività del progetto CRAFT (CRemona Agri-Food Technologies) e di Ircaf (Centro di riferimento Agro-Alimentare Romeo ed Enrica Invernizzi). La ricerca di EngageMinds HUB è stata condotta su un campione di oltre 5000 italiani, rappresentativo della popolazione per sesso, età, appartenenza geografica e occupazione: i primi 1000 casi dal 27 febbraio al 5 marzo 2020 (seconda settimana di pandemia in Italia); i secondi 1000 casi dal 9 maggio al 15 maggio 2020 (seconda settimana di fase 2 in Italia), i terzi 1000 casi tra il 19 e il 24 settembre 2020, i quarti 1000 casi tra il 27 novembre e il 3 dicembre 2020, i quinti 1000 casi tra l’11 e il 17 marzo 2021. I cinque campioni sono perfettamente sovrapponibili. La survey è stata realizzata con metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interview). Sul sito www.engagemindshub.com sono reperibili i report quadrimestrali della ricerca